ELEGANTIE
V 3, 1: Desipio, sive desipisco, significat vel quod aliquid a communi sensu sapientiaque minus habeo, vel quod a meo sensu destituor. Quod fere vitium aut ex etate venit aut morbo, aut amore, aut timore, aut simili aliquo affectu
DEFINIZIONE
- Essere ignorante, essere insensato
- Impazzire
FREQUENZA
Nessuna attestazione
CORRISPONDENZE
LATINO CLASSICO E TARDO-ANTICO
Desipiscere comincia a essere adoperato in epoca tardo-antica come sinonimo di desipio (“non potere”, “essere ignorante” o “vaneggiare”). Una delle prime attestazioni del verbo desipiscere sembra essere il Liber interpretationis hebraicorum nominum di san Girolamo, dove si legge: «Ieblaam desipiscens populus», «Iezbaam defluens vel desipiscens populus» (“popolo perdente o sciocco”). Forcellini ritiene «Desipisco […]. Vox a Lexico expungenda».
LATINO MEDIEVALE
Il verbo è usato come sinonimo di desipio e classificato come suo incoativo (si veda ad esempio DMLBS: «to go mad»). Uguccione da Pisa nelle Der. associa a desipio sia il significato di “essere o agire lontano dalla sapienza” («deorsum a sapere esse vel facere») sia il significato di “non potere” («nequitare»), “essere ignorante” («brutesco») e da esso fa discendere l’incoativo desipisco: «Sapio componitur desipio -is, deorsum a sapere esse vel facere, nequitare, unde desipisco -is inchoativum» (S 36, 14, s.v. sapio); «Bruteo -tes, […], idest esse vel fieri brutum, unde brutus -a -um idest stolidus, insulsus, stultus, immundus; […] Et brutesco -scis, idest desipiscere» (B 123 1, 4, s.v. bruteo). Giovanni Balbi nel suo Cath. riprende da un lato la definizione proposta da Papias nell’Elem. (s.v. desipio: «Desipio -pis, idest deorsum sapere, de sapientia exire, ex de<-> et sapio») dall’altra quella avanzata da Uguccione da Pisa nelle Der. (s.v. bruteo: «Bruteo -tes -tui […] idest esse vel fieri brutum, unde brutesco -cis desipiscere»).
LATINO UMANISTICO
Non si registrano particolari mutamenti di significato. Le Ver limita la funzione di desipisco a quella di semplice incoativo derivato da desipio (s.v. sapio: «Desipisco .scis, eius inchoativum»; s.v. desipio: «Desipisco .scis – commenchier radoter, rassoter , devenir fol»). Il Cornu Copiae di Niccolò Perotti (lib. I epig. 32, 21) recupera tutte le informazioni riportate da V. nel III capitolo del V libro delle Elegantie a proposito di desipere e desipiscere e fa discendere dal primo il secondo verbo: «Item compositum desipio, […] quod est insanio, sive quod aliquid a communi sensu sapientiaque minus habeo, sive quod a meo sensu destituor, quod vitium fere aut aetate provenit aut morbo aut amore aut timore aut hebrietate aut nimia ira aut aliquo simili affectu. Ab hoc fit desipisco, […]». Nebrija riconduce desipisco a desipio (s.v. desipisco: «por aquello mesmo n v <desipio>»). Calepino, avvedendosi dell’assenza della forma incoativa nella tradizione classica, afferma che «desipisco non est in usu».
NOTA CRITICA
Sulla scorta degli autori e dei grammatici di età classica, tardo-antica e medievale che non percepiscono differenze tra il significato di desipio e quello di desipisco, V. a sua volta li tratta come sinonimi. Da notare la contrapposizione che V. crea tra desipio e verbi afferenti la sfera semantica dell’insegnamento (docere) e della conoscenza (sapere).