ELEGANTIE

V 1, 2: Dedisco quod didici obliviscor

DEFINIZIONE

Dimenticare ciò che si è capito

FREQUENZA

  • De vero bono I 24, 1: «et senectus ante dediscat bene loqui quam bene bibere» (Radetti 1953: 56: «e la vecchiaia prima disimpara a parlar bere che a bere bene»)
  • Gesta Ferdinandi: I 11, 18 («Ex quo intellectum est, quod diuturna desuetudine dedidiceramus»). III 10, 10 («quique iam dediscere non posset alium quam papam agere»)
  • Apologus in Pogium I: «Par. Minus dediscere. Nam nihil admodum didicit. Dro. An didicerit nescio. Si didicit, profecto iam dedidicit» (Camporeale 1972: 494)
  • Antidotum in Facium III 5, 17

CORRISPONDENZE

LATINO CLASSICO E TARDO-ANTICO

Per i significati si veda ThlL V/1 263-264 (s.v. dedisco), con esempi che vanno da Plauto alla tarda latinità, e Forcellini, s.v. dedisco: «disimparare». Blaise chr. (s.v. dedisco) associa al verbo un significato simile a quello fornito da V.: «désapprendre».

LATINO MEDIEVALE

Elem. s.v. dedisco («Dediscere, quod didicerat perdere»); Hug. Der. D 73, s.v. disco («Dedisco -scis, idest oblivioni tradere»); Johan. Balb. Cath. s.v. disco («Dedisco -is, idest oblivioni tradere»); DMLBS (s.v. dediscere): «to unlearn».

LATINO UMANISTICO

Firmin le Ver (s.v. dedisco) rende dediscere con il francese desaprendre («oublier che que on ha apris»), ma sottolinea che il complemento oggetto non debba necessariamente coincidere con qualcosa che si è appreso: «oblivioni tradere sive quod didicerat perdere». Guar. Carm. Diff. 248-249 ricollega il significato del verbo dediscit al fiume della dimenticanza, il Lethe: «Styx, Acheron, Lethe, Cocytus cum Phlegethonte: / Odit, tristatur, dediscit, luget, et ardet». Nel lib. I epig. 63, 6 del Cornu Copiae Perotti si limita a riprendere V.: «Dedisco, quod didici obliviscor». Calepino (s.v. dedisco) glossa con «disimparare», così come Nebrija (s.v. dedisco: («olvidar lo deprendido»). La Neulateinische Wortliste di Rammineger alla voce dedisco registra l’innovativo significato di “imparare” (s.v. Nota critica).

NOTA CRITICA

V. si limita a tradurre dedisco come “dimentico ciò che ho capito”. Non fornisce esempi d’uso. Si nota una maggiore specificazione rispetto al più generico significato di ‘dimenticare’ attestato nella riflessione linguistica di Uguccione, Balbi e Guarino. Si segnala un uso inedito, registrato nella Neulateinische Wortliste (che potrebbe far supporre una qualche incertezza nel latino dell’epoca), di dedisco come sinonimo di disco: nella dedica del 1505 di Johannes Caesarius di Jülich al collega Servatius Aedicollius Agrippinus di un esemplare del Fundamentum logicae di Clichtoveus si legge: «et quam molestum nunc sit atque taediosum non modo quasdam artes dediscere (si tamen artes dici merentur) verum multo difficilius atque molestius eas alias adhuc tradere atque docere». L’umanista sta spiegando le motivazioni che lo hanno spinto ad adottare i Rudimenta di Niccolò Perotti «pro institutione artis grammaticae» al posto del Doctrinale di Alexander de Villa Dei.